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IL CENTRO DI RIEDUCAZIONE POSTURALE GLOBALE E TERAPIA RIABILITATIVA POMPA & PARTNERS
“ESAME POSTURALE”
Prima di eseguire qualunque trattamento con “Rieducazione Posturale Globale”, è necessario che il Terapista svolga un approfondito colloquio anamnestico con il paziente (“Interrogatorio”), durante il quale si possano raccogliere tutte le importanti motivazioni ed informazioni che hanno condotto il paziente stesso a rivolgersi alla RPG.
L’analisi, inoltre, di tutte le indagini diagnostiche svolte (RMN, lastre ecc.) può guidare il terapista a cogliere la causa scatenante del sintomo e/o del dolore. Al termine del colloquio segue la “Valutazione morfologica”, che consente al terapista di osservare innanzitutto la morfologia globale del paziente, ovvero come tutto il sistema reagisce alla forza di gravità (“Foto generale”).
Successivamente, l’osservazione del terapista inizia a focalizzarsi sui dettagli, esaminando come ogni distretto corporeo si allontani dalla fisiologia (“Esame locale della retrazione”): se il paziente lamenta disagio in corrispondenza di una zona o di una funzione specifica, l’attenzione si concentrerà su di essa. Le informazioni emerse dall’osservazione permettono al terapista di tentare delle correzioni di tutti quei distretti risultati fuori asse (“Riequilibrio”), soprattutto per evidenziare eventuali compensi nascosti.
Le posture in cui vengono fatti i tentativi di correzione sono “in piedi a braccia chiuse e aperte”, “seduto a braccia chiuse e aperte”. Le alterazioni posturali finora menzionate sono di tipo MACROSCOPICO, ma in alcuni casi può essere necessario valutare anche la condizione MICROSCOPICA di determinate articolazioni connesse con la patologia: tale esame viene eseguito facendo sdraiare il paziente sul lettino RPG in posizione supina se si tratta ad esempio di ATM, sistema oculomotorio, arto superiore e inferiore, in posizione prona se l’interesse è rivolto alla colonna e al bacino.
L’analisi, inoltre, di tutte le indagini diagnostiche svolte (RMN, lastre ecc.) può guidare il terapista a cogliere la causa scatenante del sintomo e/o del dolore. Al termine del colloquio segue la “Valutazione morfologica”, che consente al terapista di osservare innanzitutto la morfologia globale del paziente, ovvero come tutto il sistema reagisce alla forza di gravità (“Foto generale”).
Successivamente, l’osservazione del terapista inizia a focalizzarsi sui dettagli, esaminando come ogni distretto corporeo si allontani dalla fisiologia (“Esame locale della retrazione”): se il paziente lamenta disagio in corrispondenza di una zona o di una funzione specifica, l’attenzione si concentrerà su di essa. Le informazioni emerse dall’osservazione permettono al terapista di tentare delle correzioni di tutti quei distretti risultati fuori asse (“Riequilibrio”), soprattutto per evidenziare eventuali compensi nascosti.
Le posture in cui vengono fatti i tentativi di correzione sono “in piedi a braccia chiuse e aperte”, “seduto a braccia chiuse e aperte”. Le alterazioni posturali finora menzionate sono di tipo MACROSCOPICO, ma in alcuni casi può essere necessario valutare anche la condizione MICROSCOPICA di determinate articolazioni connesse con la patologia: tale esame viene eseguito facendo sdraiare il paziente sul lettino RPG in posizione supina se si tratta ad esempio di ATM, sistema oculomotorio, arto superiore e inferiore, in posizione prona se l’interesse è rivolto alla colonna e al bacino.
“APPROCCIO INIZIALE DEL TRATTAMENTO”
Quando il paziente viene “messo in postura” la sua patologia viene affrontata nel contesto della globalità. Infatti, nel momento ritenuto più opportuno, viene introdotta nel trattamento quella postura che, in sede di valutazione, ha rivelato sintomi e/o il maggior numero di compensi. Il paziente è disteso supino con gli arti inferiori flessi, mentre il terapista pilota il torace inducendo la discesa delle prime 6 e delle ultime 6 coste e facendo arrivare gli effetti della respirazione fino al pavimento pelvico.
Ottenuta così una buona mobilizzazione del torace e del diaframma, il terapista esegue la manovra di Pompage del dorso, che consiste nell’adagiare la colonna dorsale sul proprio braccio e nel decoartare tutte le vertebre attraverso uno scivolamento molto lento ed attento alla respirazione, mentre l’altra mano continua nel pilotaggio del torace. Una volta terminato il pompage dorsale e riposizionata la parte superiore del corpo sul lettino, il terapista passa al Pompage del sacro. Questa manovra permette, prendendo contatto diretto con il sacro ed L5, di decoartare il sacro (ancora una volta mediante un lento scivolamento) e di ricollocarlo correttamente tra i due iliaci ripristinando così l’armonia del bacino.
La patologia in cui incorre più di frequente l’osso sacro è l’“orizzontalità”, di responsabilità sia anteriore (maggiormente) che posteriore. Il pompage del sacro può scatenare a sua volta una serie di compensi nel distretto superiore del corpo, di fatti una volta terminata la manovra il terapista deve assicurarsi che il capo sia in posizione assiale rispetto alla colonna e che gli arti siano disposti in modo simmetrico rispetto ad essa. A questo punto, in caso ad esempio di “apertura di angolo coxo-femorale” o “Rana ala suolo” il terapista termina l’impostazione della postura facendo unire le piante dei piedi e distanziando le ginocchia fino al livello di tensione globale desiderato.
Ottenuta così una buona mobilizzazione del torace e del diaframma, il terapista esegue la manovra di Pompage del dorso, che consiste nell’adagiare la colonna dorsale sul proprio braccio e nel decoartare tutte le vertebre attraverso uno scivolamento molto lento ed attento alla respirazione, mentre l’altra mano continua nel pilotaggio del torace. Una volta terminato il pompage dorsale e riposizionata la parte superiore del corpo sul lettino, il terapista passa al Pompage del sacro. Questa manovra permette, prendendo contatto diretto con il sacro ed L5, di decoartare il sacro (ancora una volta mediante un lento scivolamento) e di ricollocarlo correttamente tra i due iliaci ripristinando così l’armonia del bacino.
La patologia in cui incorre più di frequente l’osso sacro è l’“orizzontalità”, di responsabilità sia anteriore (maggiormente) che posteriore. Il pompage del sacro può scatenare a sua volta una serie di compensi nel distretto superiore del corpo, di fatti una volta terminata la manovra il terapista deve assicurarsi che il capo sia in posizione assiale rispetto alla colonna e che gli arti siano disposti in modo simmetrico rispetto ad essa. A questo punto, in caso ad esempio di “apertura di angolo coxo-femorale” o “Rana ala suolo” il terapista termina l’impostazione della postura facendo unire le piante dei piedi e distanziando le ginocchia fino al livello di tensione globale desiderato.
“CORREZIONE CERVICALE”
L’insieme di manovre sul tratto cervicale ha lo scopo di correggere tutte quelle disfunzioni, come rotazioni e/o inclinazioni vertebrali, che causano ernie discali, rettificazioni o iperlordosi. Dopo aver posizionato le mani sul segmento C0-C7/T1 ed eseguito la cosiddetta “decoartazione specifica” per “riaprire” gli spazi articolari, aver pilotato il torace e la respirazione facendo discendere le prime sei coste, si può procede con l’adeguata correzione.
Il terapista, per facilitare questo procedimento, può servirsi di manovre di scivolamento lungo i ventri dei muscoli del collo in quanto, molto spesso, la loro eccessiva tonicità contribuisce alla fissazione della patologia. Oltre allo scivolamento può richiedere anche globali contrazioni isometriche come “inclinare il collo a destra o a sinistra. I muscoli maggiormente coinvolti sono SCOM, scaleni, sopra- e -sotto ioidei.
Durante la respirazione o la partecipazione attiva del paziente, il terapista può rilevare la comparsa di compensi a livello del tratto cranio-cervicale, come l’iperestensione del capo, o l’elevazione/arrotolamento della spalla: in questi casi, la soluzione che consente di procedere con il trattamento può essere un richiamo propriocettivo da parte del terapista oppure un riposizionamento.
Il terapista, per facilitare questo procedimento, può servirsi di manovre di scivolamento lungo i ventri dei muscoli del collo in quanto, molto spesso, la loro eccessiva tonicità contribuisce alla fissazione della patologia. Oltre allo scivolamento può richiedere anche globali contrazioni isometriche come “inclinare il collo a destra o a sinistra. I muscoli maggiormente coinvolti sono SCOM, scaleni, sopra- e -sotto ioidei.
Durante la respirazione o la partecipazione attiva del paziente, il terapista può rilevare la comparsa di compensi a livello del tratto cranio-cervicale, come l’iperestensione del capo, o l’elevazione/arrotolamento della spalla: in questi casi, la soluzione che consente di procedere con il trattamento può essere un richiamo propriocettivo da parte del terapista oppure un riposizionamento.
“CORREZIONE CERVICALE ASSOCIATA A CORREZIONE MANDIBOLARE”
Le disfunzioni cervicali e mandibolari possono presentare un collegamento diretto e quindi l’approccio correttivo deve essere simultaneo. Nelle patologie temporo-mandibolari la vertebra biomeccanicamente più coinvolta è C1.
La condizione patologica di questa vertebra è associata all’atteggiamento di “SCOM” destro o sinistro” del capo e, per riportare tutto questo sistema in asse, si dispone il capo (e quindi C1) nel “controscom” adeguato finché, dopo ripetute contrazioni “in SCOM”, non se ne ripristina la posizione corretta. Successivamente, mantenendo il capo e C1 in correzione, il terapista può indossare il guanto sterile, posizionare il pollice e l’eminenza tenar sull’arcata dentale inferiore interessata e richiedere al paziente l’intenzione di mordere il dito (e rilasciare), con il fine di decoartare l’ATM affetta ed abbassare il tono del massetere in tensione.
Se vi è associata anche una patologia oculomotoria omo- o contro-laterale, il terapista, mantenendo ancora la correzione cervicale ottenuta in precedenza, richiede al paziente di chiudere gli occhi, dispone le proprie dita sui globi oculari e lo sollecita a “guardare” nella direzione che consentirà di guadagnare l’allungamento del muscolo oculomotore retratto.
La condizione patologica di questa vertebra è associata all’atteggiamento di “SCOM” destro o sinistro” del capo e, per riportare tutto questo sistema in asse, si dispone il capo (e quindi C1) nel “controscom” adeguato finché, dopo ripetute contrazioni “in SCOM”, non se ne ripristina la posizione corretta. Successivamente, mantenendo il capo e C1 in correzione, il terapista può indossare il guanto sterile, posizionare il pollice e l’eminenza tenar sull’arcata dentale inferiore interessata e richiedere al paziente l’intenzione di mordere il dito (e rilasciare), con il fine di decoartare l’ATM affetta ed abbassare il tono del massetere in tensione.
Se vi è associata anche una patologia oculomotoria omo- o contro-laterale, il terapista, mantenendo ancora la correzione cervicale ottenuta in precedenza, richiede al paziente di chiudere gli occhi, dispone le proprie dita sui globi oculari e lo sollecita a “guardare” nella direzione che consentirà di guadagnare l’allungamento del muscolo oculomotore retratto.
“CORREZIONE OCULO MOTORIA”
Le disfunzioni cervicali e mandibolari possono presentare un collegamento diretto e quindi l’approccio correttivo deve essere simultaneo. Nelle patologie temporo-mandibolari la vertebra biomeccanicamente più coinvolta è C1.
La condizione patologica di questa vertebra è associata all’atteggiamento di “SCOM” destro o sinistro” del capo e, per riportare tutto questo sistema in asse, si dispone il capo (e quindi C1) nel “controscom” adeguato finché, dopo ripetute contrazioni “in SCOM”, non se ne ripristina la posizione corretta. Successivamente, mantenendo il capo e C1 in correzione, il terapista può indossare il guanto sterile, posizionare il pollice e l’eminenza tenar sull’arcata dentale inferiore interessata e richiedere al paziente l’intenzione di mordere il dito (e rilasciare), con il fine di decoartare l’ATM affetta ed abbassare il tono del massetere in tensione.
Se vi è associata anche una patologia oculomotoria omo- o contro-laterale, il terapista, mantenendo ancora la correzione cervicale ottenuta in precedenza, richiede al paziente di chiudere gli occhi, dispone le proprie dita sui globi oculari e lo sollecita a “guardare” nella direzione che consentirà di guadagnare l’allungamento del muscolo oculomotore retratto.
La condizione patologica di questa vertebra è associata all’atteggiamento di “SCOM” destro o sinistro” del capo e, per riportare tutto questo sistema in asse, si dispone il capo (e quindi C1) nel “controscom” adeguato finché, dopo ripetute contrazioni “in SCOM”, non se ne ripristina la posizione corretta. Successivamente, mantenendo il capo e C1 in correzione, il terapista può indossare il guanto sterile, posizionare il pollice e l’eminenza tenar sull’arcata dentale inferiore interessata e richiedere al paziente l’intenzione di mordere il dito (e rilasciare), con il fine di decoartare l’ATM affetta ed abbassare il tono del massetere in tensione.
Se vi è associata anche una patologia oculomotoria omo- o contro-laterale, il terapista, mantenendo ancora la correzione cervicale ottenuta in precedenza, richiede al paziente di chiudere gli occhi, dispone le proprie dita sui globi oculari e lo sollecita a “guardare” nella direzione che consentirà di guadagnare l’allungamento del muscolo oculomotore retratto.
“IN PIEDI AL CENTRO”
Lo scopo di questa postura è il perfezionamento dell’equilibrio in stazione eretta, della propriocezione reciproca di tutti i distretti corporei (capo, spalle, torace, bacino, ginocchio, caviglia, piede) e della corretta distribuzione del carico su tutto l’arto inferiore.
Risulta pertanto molto adatta per una rieducazione dell’appoggio plantare e/o di un ginocchio in varo/valgo. L’impostazione di questa postura consiste nel predisporre l’apertura delle punte dei piedi a 30°, nella derotazione e flessione delle ginocchia ad una posizione neutra ed il bacino in correzione, avendo cura di allineare capo, dorso e sacro. La prima fase del trattamento consiste nell’educare il paziente a raggiungere una simmetrica distribuzione del proprio peso lungo gli arti inferiori, soprattutto a livello plantare.
Successivamente il terapista colloca la mano caudale sul sacro, quella craniale alla base dell’occipite e richiede al paziente di “crescere verso l’alto” rispettando i tempi respiratori 1 e 2. La progressione della postura consiste nell’estensione delle ginocchia mantenendo le correzioni introdotte a livello plantare, del ginocchio stesso, del bacino e del dorso.
Risulta pertanto molto adatta per una rieducazione dell’appoggio plantare e/o di un ginocchio in varo/valgo. L’impostazione di questa postura consiste nel predisporre l’apertura delle punte dei piedi a 30°, nella derotazione e flessione delle ginocchia ad una posizione neutra ed il bacino in correzione, avendo cura di allineare capo, dorso e sacro. La prima fase del trattamento consiste nell’educare il paziente a raggiungere una simmetrica distribuzione del proprio peso lungo gli arti inferiori, soprattutto a livello plantare.
Successivamente il terapista colloca la mano caudale sul sacro, quella craniale alla base dell’occipite e richiede al paziente di “crescere verso l’alto” rispettando i tempi respiratori 1 e 2. La progressione della postura consiste nell’estensione delle ginocchia mantenendo le correzioni introdotte a livello plantare, del ginocchio stesso, del bacino e del dorso.
“POSTURA SEDUTA”
La “postura seduta” trova largo impiego in tutte le correzioni “macro” del dorso e spesso è adatta come “postura d’integrazione statica” sia per i soggetti di tipo anteriore che posteriore.
L’impostazione prevede innanzitutto che il terapista posizioni correttamente il bacino sul piano del lettino mediante una peculiare presa “a trazione” degli ischi. Nello step successivo una mano del terapista si dispone sul sacro, l’altra alla base dell’occipite e mentre esse esercitano una trazione in direzioni opposte si ottiene una’ampia messa in tensione di tutta la colonna vertebrale.
La partecipazione attiva del paziente consiste nel “crescere verso l’alto” in modo dolce e graduale. La progressione sarà la completa estensione delle ginocchia e la chiusura dell’angolo coxo-femorale in un gradazione adeguata alle possibilità paziente.
L’impostazione prevede innanzitutto che il terapista posizioni correttamente il bacino sul piano del lettino mediante una peculiare presa “a trazione” degli ischi. Nello step successivo una mano del terapista si dispone sul sacro, l’altra alla base dell’occipite e mentre esse esercitano una trazione in direzioni opposte si ottiene una’ampia messa in tensione di tutta la colonna vertebrale.
La partecipazione attiva del paziente consiste nel “crescere verso l’alto” in modo dolce e graduale. La progressione sarà la completa estensione delle ginocchia e la chiusura dell’angolo coxo-femorale in un gradazione adeguata alle possibilità paziente.